Disney+: 7 risposte alle domande più importanti

L’arrivo in Italia della nuova piattaforma Disney+ ha trovato migliaia di famiglie pronte a spolpare l’agognato catalogo. La voglia nostalgica di reimmergersi nei Classici d’animazione, o nell’ennesima maratona Star Wars o Marvel, è capitata a fagiolo con tutto questo tempo libero tra le mura domestiche. Ciononostante non sono mancati i problemi, e i centralini dell’azienda sono presi d’assalto da clienti inesperti, arrabbiati o semplicemente confusi.

Abbiamo voluto testare anche noi questo nuovo servizio, per capire quali sono le criticità e i punti di forza. Non vi diremo quanto costa l’abbonamento o quali dispositivi sono compatibili; se non vi basta il sito ufficiale della piattaforma ci sono decine di siti che già illustrano tutto ciò. Quello che segue è uno scrutinio più approfondito, ricavato anche dalle risposte dateci dall’assistenza su questioni più “spinose”, insomma un resoconto senza peli sulla lingua.

 

È migliore delle altre piattaforme?

 

Homepage Disney+
L’interfaccia principale della piattaforma

 

Molti utenti vorranno sapere come se la cava il nuovo arrivato rispetto alle due piattaforme più utilizzate in Italia, noi possiamo darvi due risposte. Quella più diplomatica è che attualmente non si può dare un giudizio definitivo: Disney+ ha un catalogo ancora giovane, con contenuti che vengono caricati anche quotidianamente; inoltre l’emergenza Covid19 ha causato un inevitabile rallentamento nella messa a punto del servizio.

Se volete la risposta schietta, bisogna ragionare per compartimenti. Parlando strettamente della quantità/varietà dei cataloghi, Disney+ al momento si piazza dietro Netflix, il quale detiene il catalogo più ampio e variegato. Lo streaming disneyano ha sicuramente messo sul piatto diverse chicche – alcune difficilmente reperibili da tanti anni – ma in concreto ha dei limiti evidenti. Anche quando l’archivio sarà completo, all’infuori degli stessi film Disney i titoli principali saranno comunque circoscritti a quanto prodotto da Lucasfilm, Marvel Studios e Disney/Pixar.

Le produzioni Fox come sappiamo sono state drasticamente ridimensionate, e buona parte dei vecchi titoli non sarà inclusa per un motivo che menzioneremo più sotto. I film e le serie Disney sono forse i più limitati, senza girarci troppo attorno: i Classici d’animazione, i rispettivi remake in live-action, i film tv o direct-to-video, tutti basati più o meno sulle stesse proprietà intellettuali. Chi non ha interesse per queste categorie, o comunque vuole vedere anche altro, non troverà pane per i suoi denti.

 

Il servizio funziona bene?

 

Motore di ricerca Disney+
Qualcosa non torna

 

Spostandoci sull’efficienza dell’app e del sito, anche qui Disney+ cede il passo a Netflix (ma supera Prime Video, ancora abbastanza grezzo). La piattaforma disneyana è molto facile da usare ma difetta di funzioni che ormai si possono ritenere lo standard minimo per uno streaming competitivo.

Primo tra tutti un motore di ricerca intuitivo, supportato da algoritmi adeguati: se si digita il titolo esatto o il nome di attori e registi, i risultati corrispondono, ma se si digita una categoria, un genere o una parola chiave, il sistema non trova niente. Se si cerca ad esempio “classici”, non comparirà nessuno dei film d’animazione, e neanche un insieme di film classici intesi come pietre miliari; idem scrivendo descrizioni più articolate, mentre come sappiamo su altre piattaforme ormai si possono combinare frasi e parole chiave per filtrare i risultati più disparati.

Altro elemento non proprio efficiente è la gestione dei dispositivi. Se ne possono registrare fino a 10, dopodiché ogni nuova aggiunta rimuoverà in automatico il primo dispositivo registrato in ordine cronologico; l’unica altra alternativa, abbastanza drastica, è rimuovere tutti i dispositivi contemporaneamente e ripartire da capo. Infine manca una funzione per visualizzare su schermo le statistiche tecniche durante la riproduzione (risoluzione delle immagini, bitrate, codifica audio e sottotitoli selezionati), necessaria specialmente di questi tempi per verificare il corretto andamento dello streaming.

Per queste caratteristiche ci è stato detto di fornire una segnalazione tramite l’apposito modulo “Lascia un feedback” dell’assistenza, dal quale si possono inviare suggerimenti specifici su funzioni e miglioramenti.

 

Perché alcuni contenuti si vedono male o lo streaming è più lento?

Per valutare adeguatamente la qualità di riproduzione bisognerà attendere la fine della quarantena. Per chi ancora si chiede come mai in questi giorni si riscontrano problemi durante la visione, la risposta non è in un disservizio della piattaforma: Disney+, Netflix e a seguire altri provider di streaming hanno accolto la richiesta della Commissione Europea di limitare il traffico dati sulle loro piattaforme durante l’emergenza Covid19. In questa maniera, con tutte le persone chiuse in casa a fare binge watching, si dovrebbero evitare congestioni e sovraccarichi delle reti internet nazionali (anche se in realtà sarebbe stata una manovra superflua).

Sulla carta la riduzione di banda non dovrebbe influire troppo, ma le reti sono comunque più intasate del solito, tenendo conto anche della velocità di connessione a disposizione. Dopo alcuni test con la fibra abbiamo appurato che in particolare i titoli in UltraHD sono quelli che risentono di più dell’abbassamento di qualità. Chi ha una tv o un impianto compatibili per questi contenuti, specialmente quelli con le più recenti codifiche Dolby Vision e Dolby Atmos (che aggravano ancora di più la banda), noterà dei limiti in diversi frangenti.

Per i titoli in HD la qualità è variabile, ma lo streaming impiega più tempo a raggiungere la risoluzione nativa, e non la mantiene costantemente. Ad ogni modo nei mesi precedenti le rilevazioni di vari utenti nei mercati stranieri hanno riportato dati tutto sommato soddisfacenti, con una qualità media dello streaming di poco superiore a Netflix.

 

Cosa non c’è nel catalogo?

 

Visto censura
L’equivalente statunitense del nostro bollino rosso

 

L’assenza di determinati titoli in catalogo è dovuta a motivi di ordine legale (Disney non detiene i diritti), motivi di sicurezza (la pandemia ha rallentato i lavori sulla piattaforma), o pura e semplice censura. In merito alla prima categoria ad esempio non troverete Spider-Man: Homecoming o L’Incredibile Hulk perché sebbene facciano parte dell’Universo Cinematografico Marvel (quasi tutto in catalogo), i diritti di questi prodotti appartengono rispettivamente a Sony e Universal; idem per le serie come Daredevil, Jessica Jones, Luke Cage, in quanto sono attualmente esclusiva di Netflix.

Nella seconda categoria rientrano film o serie non ancora caricati per esigenze logistiche, poiché Disney+ è subentrato con la quarantena ormai in corso; le misure di sicurezza approntate per i luoghi di lavoro hanno di certo ostacolato un lancio a pieno regime: ad esempio Classici Disney come Mulan o La spada nella roccia, inizialmente assenti, sono stati inclusi dopo qualche settimana. Pertanto è solo questione di tempo prima che il catalogo dei titoli sia completato.

La terza categoria è quella più problematica, perché riguarda la natura stessa di Disney+. La piattaforma è pensata per le famiglie, quindi contenuti vietati ai minori saranno esclusi a tempo indeterminato (?). Per intenderci, anche se i film della saga X-Men della Fox sono disponibili, l’inclusione di una pellicola come Logan per ora è fuori discussione, essendo vietata ai minori. Il limite massimo sembra essere quello del PG-13, che nel sistema di censura americano corrisponde a contenuti vietati ai minori di 13 anni non accompagnati; i titoli che arrivano fino a questa classificazione, per quanto a volte si spingano un po’ oltre (Star Wars III: La vendetta dei Sith) hanno il via libera.

Tutti i contenuti classificati R (Restricted) – cioè quelli in cui violenza, scurrilità, scene di nudo o a sfondo sessuale superano una certa soglia – sono automaticamente esclusi. Gran parte dei cult di produzione Fox (saghe come Die Hard, Alien, Predator) rimarrà inevitabilmente esclusa, così come film prodotti dalla Touchstone (sussidiaria della Disney per film rivolti a un pubblico eterogeneo) tipo Ed Wood di Tim Burton.

 

Perché ci sono serie incomplete? Come mai diversi titoli sono sprovvisti di audio e sottotitoli italiani?

 

ducktales
Bisognerà aspettare ancora un po’ per vedere tutte le stagioni di questa storica serie

 

Queste due domande vanno un po’ a braccetto. I più nostalgici non avranno fatto a meno di notare che serie d’animazione molto amate come l’originale DuckTales o Darkwing Duck risultano al momento incomplete. Addirittura la prima, formata da 100 episodi e suddivisa in 4 stagioni, è presente con soli 5 episodi. In parte questo discorso si lega ai rallentamenti menzionati sopra, in parte le ragioni sono legate anche alla questione dei doppiaggi italiani.

L’esempio di DuckTales può dirimere diversi dubbi, anche sull’assenza dell’audio italiano per altri titoli. Siamo venuti a sapere da alcuni doppiatori che erano in corso delle sessioni di doppiaggio per la celebre serie dei paperi: nello specifico un nuovo cast di voci ha doppiato scene mai andate in onda sulle nostre emittenti; certi episodi all’epoca della prima trasmissione erano infatti stati accorciati di qualche minuto, quindi la versione italiana era sempre rimasta con delle sequenze non doppiate.

Anziché lasciarli in lingua originale con sottotitoli, Disney ha optato per un doppiaggio ex-novo delle scene inedite. Una scelta tutto sommato ammirevole, ma che inevitabilmente avrebbe comportato tempistiche maggiori per caricare l’intera serie; l’azienda ha preferito includere fin dal lancio favoriti del pubblico come DuckTales piuttosto che attendere la sistemazione di tutte le puntate.

L’ipotesi di un ridoppiaggio integrale per certi titoli poi non è da escludere, considerando l’eventualità che sia anche difficoltoso reperire le tracce audio d’epoca. In questo senso bisognerà attendere aggiornamenti, perché anche film classici come Quattro bassotti per un danese o qualche capitolo della saga di Herbie il Maggiolino per ora sono privi del doppiaggio italiano. Tuttavia ci lasciano perplessi casi come Tron Uprising (“Tron – La serie”) che non hanno neanche i sottotitoli italiani, rendendo la fruizione impossibile per molti spettatori; anche in questo caso riteniamo utile fare segnalazioni precise (sugli episodi mancanti, le puntate in ordine errato, l’italiano assente) per facilitare e velocizzare le opportune correzioni.

 

Ci sono contenuti censurati o alterati?

 

disney+ disclaimer
Perché censurare quando si può avvisare lo spettatore in anticipo?

 

Il discorso della censura purtroppo si estende anche ad altre misure “preventive”. Disney chiaramente non va molto fiera di certe raffigurazioni culturali dei vecchi film, e non vuole urtare la sensibilità del suo target di spettatori. È già stato reso noto che pellicole come I Racconti dello zio Tom non faranno mai parte di Disney+; un’altra assenza sospetta è Musica Maestro (unico dei 58 Classici Disney ancora fuori catalogo), probabilmente per dei contenuti criticati all’epoca come eccessivamente violenti o espliciti.

Queste esclusioni hanno sollevato diverse polemiche tra cinefili e appassionati. Nascondere certe opere facendo finta che non siano mai esistite non sembra un comportamento moralmente più dignitoso, rispetto alla loro diffusione; la preservazione storica di opere cinematografiche è da anni una priorità del settore, anche quando ci sono in ballo pellicole controverse o culturalmente arretrate. Questi titoli fungono da specchio di un’epoca, giudicati nell’adeguato contesto temporale, sociale e culturale di provenienza.

Ci sono anche opere che sono state alterate, per nascondere o edulcorare determinati aspetti. La Disney non è nuova a questi interventi, molte di queste modifiche erano state effettuate anni fa, anche subito dopo l’uscita in sala o in tv; in rete troverete vari esempi, che in più di un caso fanno sorridere per l’ingenuità. Non è passata inosservata però qualche alterazione fatta appositamente per la piattaforma: il lato B di Deryl Hannah in Splash – Una sirena a Manhattan nascosto da una goffa modifica in computer grafica, o la rimozione della sigaretta che Pippo fuma in Saludos Amigos.

Decisamente preferibile l’opzione scelta per film come Dumbo (l’originale), rimasto inalterato ma preceduto da due indicazioni: una nella scheda (“Questo programma è presentato così come è stato concepito in origine. Potrebbe contenere rappresentazioni culturali ormai superate“), e una a inizio visione (“Contiene rappresentazioni di tabacco“). Sulla questione diversi operatori del servizio clienti hanno riferito che sono scelte dell’azienda; qualcuno invece ci ha detto che Disney è a conoscenza del dissenso espresso dagli appassionati, e che in base ai feedback stanno valutando possibili soluzioni. L’auspicio è che in futuro tutti i lungometraggi siano inclusi anche nelle loro versioni originali e inalterate, magari con l’opzione di scelta.

 

Come sono i contenuti in HD/UltraHD?

 

Il re leone
Il Re Leone è tra i titoli d’animazione più performanti in 4K (l’immagine non è indicativa dell’effettiva qualità)

 

Ai palati più fini farà piacere sapere che molti titoli, rimasterizzati o restaurati negli ultimi anni, sono presenti nelle loro versioni migliori. Il che non era scontato, visto che sia Netflix che Prime Video offrono spesso versioni obsolete di molti contenuti, nonostante l’esistenza di edizioni superiori. Sorvolando sulla qualità dei 4K Marvel Studios e Lucasfilm, per i quali servirebbe un discorso a parte, al momento la piattaforma offre diverse chicche.

Tra i Classici Disney attualmente sono disponibili le versioni 4K di Aladdin, La Bella e la Bestia, Il Re Leone, La Spada nella Roccia, La Sirenetta e Taron e la Pentola Magica. Quest’ultimo addirittura era tra i pochi mai distribuiti in blu-ray, ma a quanto pare ha ricevuto uno dei restauri più accurati: confrontandolo con La Sirenetta, le cui immagini sono state ammorbidite eccessivamente da filtri digitali, si nota una resa più dettagliata e più vicina all’estetica originale del film.

L’assistenza ci ha fatto sapere che diversi titoli Disney e Pixar al momento solo in HD saranno presto aggiornati al formato superiore. Un po’ meno fortuna con le serie animate degli anni ’80 e ’90, neanche in alta definizione: Gargoyles, DuckTales, Darkwing Duck, X-Men, Quack Pack, sono tutti provenienti da vecchie fonti televisive, mentre casi sporadici come Timon & Pumba e Cip & Ciop: Agenti Speciali hanno beneficiato di restauri; sono in HD anche I Simpson ma nel solo formato widescreen (alquanto problematico), prossimamente però dovrebbero aggiungersi le versioni nel formato originale.

Molta soddisfazione arriva dai corti animati – alcuni dei quali sono veri e propri reperti storici – su cui generalmente si può osservare un lavoro eccellente. A partire dai classicissimi degli anni ’30 e ’40 con Topolino, Paperino e Pippo, fino a mediometraggi più recenti come Il Principe e il Povero, molti sono copie rimasterizzate rispettose del look originale; di tanto in tanto però anche in questa categoria si trovano video manipolati digitalmente come nel caso già menzionato de La Sirenetta.

Tra le altre sorprese in UltraHD abbiamo il cult Chi ha incastrato Roger Rabbit (finora disponibile solo in blu-ray), Santa Clause, Festa in Casa Muppet e 10 cose che odio di te. Riguardo altri lungometraggi, specie quelli meno recenti, le edizioni risultano un po’ datate e non ci è dato sapere se riceverano un upgrade. Di certo a noi italiani è andata di lusso dato che certi film erano introvabili persino in dvd.