Dopo gli anni difficili segnati dalla pandemia di Coronavirus, il mondo sta lentamente cercando di rialzarsi. Tra i settori che stanno riprendendo vita, c’è quello ludico, che con cautela sta dando nuova linfa alle fiere del fumetto, eventi tanto attesi e tanto mancati da tutti noi.
Purtroppo, questa attesa ripartenza ha portato con sé anche il riemergere di atteggiamenti che rischiano di rovinare l’esperienza di coloro che, con grande impegno, hanno dedicato questi anni di incertezze alla realizzazione di costumi di ogni tipo. Ci riferiamo ai cosplayer, che continuano a subire molestie all’interno di eventi che, pur cercando di tutelarli, riescono solo parzialmente nell’intento. La causa di tutto ciò è rappresentata da un numero ridotto ma dannoso di individui tossici, che con gesti incivili e meschini minano anni di battaglie e progressi.
Quando parliamo di molestie, non ci riferiamo solo a quelle di natura sessuale, ma anche a quelle verbali e a qualsiasi comportamento ostile o aggressivo. È fondamentale rilanciare la lotta contro questa tossicità, sottolineando che il problema è ancora presente e ben lontano dall’essere risolto.
Cosplay Is NOT Consent
I cartelloni con la scritta “Cosplay Is Not Consent” sono apparsi per la prima volta nel 2014 durante il New York Comic-Con. Il loro scopo era chiarire la politica anti-molestie della convention, ribadendo una linea di tolleranza zero nei confronti di comportamenti tossici come stalking, intimidazione e attenzione fisica indesiderata. Questi cartelloni non erano un’iniziativa isolata, ma parte di un movimento più ampio all’interno delle convention, volto a denunciare le molestie sessuali, soprattutto quelle subite dalle cosplayer femminili, che da anni erano vittime di comportamenti inaccettabili.
Poco tempo prima, un’iniziativa simile si era manifestata con i cartelloni “Drag Is Not Consent” alla DragCon di New York di RuPaul, un altro esempio significativo di lotta contro le molestie e l’affermazione del rispetto per tutti i partecipanti.

Le regole anti-molestie, naturalmente, si applicano a tutti i partecipanti alle fiere, senza distinzione. Così come non è accettabile importunare qualcuno in costume, lo stesso vale per chi indossa una tuta o qualsiasi altro tipo di abbigliamento. Tuttavia, l’intento principale di campagne come quella del “Cosplay Is Not Consent” è di focalizzare un’attenzione particolare su chi partecipa alle fiere in cosplay, un gruppo più vulnerabile a certi tipi di molestie.
Molti dei personaggi che i cosplayer, in particolare le donne, scelgono di emulare sono spesso vestiti con abiti succinti e attillati. Di conseguenza, i costumi realizzati per somigliare a questi personaggi tendono a riprodurre fedelmente questi dettagli, facendo sì che le cosplayer diventino frequentemente bersagli di molestie sessuali. Purtroppo, alcuni partecipanti si sentono in diritto di molestare un’artista in base alla lunghezza della gonna o all’ampiezza della scollatura, un comportamento assolutamente inaccettabile in qualsiasi circostanza.
Nonostante i progressi, ancora oggi, nel 2025, si è costretti a combattere contro i pregiudizi, le molestie e il catcalling. In Italia, purtroppo, persiste una mentalità retrograda e maschilista, e questa battaglia continua da anni. È una lotta ardua, che sembra non volersi fermare, ma è una guerra che va combattuta con determinazione.
La guerra a casa nostra
Leggendo queste parole, scritte da dietro uno schermo, potrebbe sembrare che questa battaglia sia distante da noi. Ma in realtà, basta prestare un po’ più attenzione per accorgersi di quanto certi atteggiamenti deplorevoli siano ancora diffusi e pervasivi.
Durante una delle fiere in ripartenza, una visitatrice ha vissuto esperienze di molestia che nulla avevano a che fare con il divertimento o con il clima di festa che dovrebbero caratterizzare questi eventi. Purtroppo, la molestia è stata inflitta da qualcuno che ha avuto il coraggio di agire con un sorriso, tentando di trasformare il tutto in un gioco innocente.
Per rispetto della sua privacy, preferiamo mantenere anonima la sua identità, ma desideriamo comunque condividere la sua storia, come ci è stata raccontata in confidenza. Ecco cosa ci ha detto, raccontando l’accaduto:
“Ero in Cosplay, in una versione Maid di uno dei tanti personaggi di Fate, e mi sono ritrovata in due situazioni poco piacevoli.” È stata molto coraggiosa a definirli poco piacevoli, perché a me sono sembrati deplorevoli a esser gentile. “La prima è stata la classica palpata di c**o fastidiosissima, in mezzo a una marea di gente …” – purtroppo questi atti si ripetono ogni giorno, costantemente, al punto da ritenerli classici, un qualcosa che accade, ed è una cosa sconcertante – “…ma pur girandomi di scatto non sono riuscita a capire chi si fosse permesso. Subito dopo ho preferito evitare d’infilarmi in grossi gruppi di persone per evitare che ciò accadesse di nuovo. Non è la prima volta che succede perché è quasi impossibile in una fiera camminare con poca gente attorno, visto l’afflusso di persone elevato.”
Un episodio del genere non dovrebbe mai verificarsi, ma alcuni individui riescono addirittura ad amplificare ulteriormente la gravità della situazione.
“La seconda situazione è la cosa più spiacevole che mi sia mai capitata in una fiera e mi ha lasciata basita. Stavo per i fatti miei a camminare con la mia compagna quando improvvisamente si avvicina un ragazzo armato di selfie stick perché impegnato in una live – credo stesse streammando su Twitch; inizialmente penso voglia solo un saluto, poi però lo sento urlare ‘No, ma cioè, questo è un cosplay pericoloso, vedete?’ e facendo girare più volte il cellulare in quelle angolazioni dove ero più scoperta ha continuato dicendo ‘Qui niente, ma qui si vedono benissimo i capezzoli’ e li per li non sono neanche riuscita a reagire, spiazzata completamente della cosa, mentre lui continuava.”
È veramente disgustoso scoprire fin dove alcune persone possano spingersi pur di guadagnare qualche visualizzazione in più. È superfluo sottolineare come questi episodi spiacevoli e umilianti abbiano rovinato quella che sarebbe potuta essere un’esperienza straordinaria per la nostra protagonista e la sua compagna.
Il discorso è comunque terminato con tanta amarezza e rabbia.
“Mai mi sono sentita così umiliata, per fortuna ero in maschera e purtroppo non conosco questa persona, anche se me la ricorderò bene. Mi sono sentita privata del mio spazio da qualcuno che in modo prepotente (alla ricerca di visualizzazioni) si è avvicinato a noi credendo di avere il diritto di fare i suoi comodi. Gli avrei spaccato volentieri la faccia.”
Solidarietà tra cosplayer
Il problema delle molestie ha afflitto i cosplayer fin dalle origini di questo fenomeno. Per chi non lo sapesse, il costume-play, meglio conosciuto come cosplay, è nato negli Stati Uniti alla fine degli anni ’30 e nei primi anni ’40. La sua diffusione è stata alimentata dalle convention di Star Wars e Star Trek, per poi estendersi in Asia e successivamente a livello globale.
Come accade con qualsiasi grande raduno, più persone si riuniscono in uno stesso luogo, maggiore è la probabilità di incontrare comportamenti indesiderati. Tuttavia, fortunatamente, questi elementi tossici possono essere isolati e allontanati, grazie anche al supporto e al lavoro congiunto di tutta la comunità. La comunità dei cosplayer ha infatti dimostrato una grande solidarietà, rispondendo con forza a tali gesti abominevoli.
Pur non potendo raccogliere fisicamente tutte le voci di spicco che si sono espresse su questo tema, cito una portavoce importante: Laura “Wisemermayd” delle Misaki Cosplayers.

Laura, oltre ad essere make-up artist, animatrice e cosplayer – come si evince dal fatto che fa parte del duo delle Misaki – collabora anche con il Gruppo Epicos e realizza accessori e parrucche su commissione. La sua dichiarazione sintetizza perfettamente tutti i concetti che sono stati espressi nel corso degli anni di lotta contro le molestie, portando avanti un messaggio di resistenza e solidarietà che riflette il vero spirito della comunità cosplay.
“Questo genere di cose non devono esistere. Chiunque, al di la che sia maschio o che sia femmina, deve sentirsi libero d’indossare ciò che vuole sentendosi bene con se stesso. Indipendentemente da tutto, e parlando di questo caso specifico, è necessario che qualunque donna si senta sicura nel poter girare in una fiera senza timore d’incontrare molestatori o maniaci.”
Potrebbero sembrare parole scontate, quasi banali, e proprio per questo dovrebbero suscitare in noi una riflessione ancora più profonda. Se è necessario ribadire che sentirsi al sicuro è un diritto fondamentale per tutti, che non si dovrebbe mai, in nessun caso, avvicinarsi a qualcuno con intenzioni indesiderate o circondarlo con atteggiamenti tossici e molesti, significa che forse non siamo ancora pronti per una vera ripartenza. E non mi riferisco al contesto del lockdown o della pandemia, ma a quel senso civico e quel rispetto reciproco che, purtroppo, sembra ancora mancare a troppi di noi.