Suzume: le porte che aprono sull’abisso del cuore umano

A completare quella che è di fatto una trilogia, iniziata con Your Name e proseguita con Weathering with You, arriva nelle sale italiane l’ultima fatica di Makoto Shinkai: Suzume.

La storia si apre con un topos che abbiamo già incontrato nelle opere precedenti: la vita di una normalissima studentessa giapponeseSuzume Iwato – che vive in un piccolo paesino di provincia.

La vita della protagonista tuttavia è decisamente meno ordinaria di come ci appare all’inizio, l’infanzia di Suzume è segnata dalla devastante perdita della madre, perita durante lo tsunami che sconvolse il Giappone nel 2011. Il secondo protagonista della nostra storia è Souta Munaka, giovane discendente della stirpe dei “Chiudiporta”. Questi ultimi sono un ordine dal sapore quasi sacerdotale, votato a sigillare alcuni portali sparsi per il Giappone, soglie che aprono sull’ “Altrove”, un mondo parallelo popolato da spiriti e forze della natura. Per i due inizierà così un rocambolesco viaggio attraverso il paese, per salvare la loro casa da una nuova inevitabile calamità naturale.

Suzume è senz’altro una delizia per gli occhi, le immagini minuziosamente dettagliate di Tokyo si alternano agli ampi cieli stellati che sovrastano l’Altrove, lasciando lo spettatore stupefatto. Non da meno è il comparto sonoro, con musiche che accarezzano l’anima, e che incarnano alla perfezione la miriade  di emozioni che vediamo scorrere sullo schermo. Oltre che dal punto di vista estetico, Suzume rappresenta un’opera brillante, capace, come vedremo, di affrontare tematiche complesse.

 

Suzume
La prima apparizione di Souta nel film

(N.d.A.: Attenzione! L’articolo contiene spoiler sul finale!)

I richiami alla cultura giapponese

Il film è intriso della cultura e del folklore giapponese. Il temibile “Verme” che si abbatte sulla terra scatenando terremoti ricorda  Namazu, il gigantesco pesce gatto che risiede nelle viscere della terra e che con il suo movimento è causa dei sismi. E proprio come il Verme di Suzume, anche il nostro pesce gatto è tenuto a bada da una pietra sacra. I nomi propri delle due divinità-gatto, custodi delle porte dell’est e dell’ovest, richiamano le cariche imperali del Sadaijin (ministro della sinistra) e delll’Udaijin (ministro della destra).

Senza scavare troppo nel passato, palesi sono i numerosi omaggi di Makoto Shinkai ad un’altra leggenda nipponica: il suo collega Hayao Miyazaki. Nel delicato volto di Souta non possiamo non scorgere le fattezze del mago Howl, nella macchina scarlatta di Serizawa risuona la canzone di Kiki- Consegne a Domicilio, il lunapark abbandonato ci riporta al parco divertimenti teatro de La Città Incantata, il gatto Daijin che sale da un treno all’altro strizza l’occhio al felino viaggiatore presente ne I Sospiri del Mio Cuore.

 

La tematica del lutto

Suzume non è solo la storia di un viaggio magico, è anche un racconto che parla del binomio vita-morte, di crescita e della difficile elaborazione del lutto. Metafora centrale è sicuramente quella della “porta”: non un mero oggetto materiale, ma qualcosa che stabilisce un confine, non solo con l’ “Altrove” ma soprattutto con il passato. I passaggi sul mondo abitato dal “Verme” non a caso sorgono in città e posti abbandonati, terreni intrisi di tristezza e di ricordi.

 

Suzume
Suzume incontra il primo portale

Il rito di chiusura della porta non ha il solo fine di separare il mondo degli spiriti da quello umano, ma anche di segnare un distacco con il passato e la sofferenza. Questo distacco non è tuttavia un asettico taglio con la vita precedente, ma un spinta necessaria per raggiungere il futuro, proprio come Souta ci ricorda sul finale, felice come non mai di essere tornato a vivere.

 

Il tempo e il rapporto realtà – fantasia

Tema ricorrente nel filone di Shinkai è anche quello del tempo: il mondo oltre la porta non è solo casa di spiriti e dèi, è un luogo in cui le varie stagioni della vita si mescolano tra loro. Anche in quest’ultima opera, come nelle precedenti, il tempo è una dimensione flessibile e malleabile. Si tratta di un luogo “fisico” che favorisce gli incontri, in questo caso tra la Suzume del passato e quella del presente, che si ricongiungono nelle ultime scene chiudendo il cerchio.

 

Suzume
Suzume bambina

 

Più che nelle altre sue opere, si assapora l’intento dell’autore di mescolare la magia e il fantastico con la realtà di tutti giorni: il giovane “mago” discendente di un’antica stirpe vive in un appartamento di Tokyo e ha il sogno di fare l’insegnante, l’abbattersi sul mondo di una creatura mostruosa è preceduto dal suono della notifica di un cellulare, porte magiche sospese nel vuoto e cieli stellati si alternano allo sfilare dei grattacieli di Tokyo e di macchine da corsa luccicanti.

 

La visione della natura e il ruolo delle catastrofi naturali

Più reale che mai è il tema delle catastrofi naturali – già affrontato con la cometa di Your Name – che questa vota si ispira a fatti tristemente noti: il maremoto del Tōhoku ha cambiato la vita della nostra protagonista, e come la sua quella di molti altri giapponesi.

Con una visione animista, cara alla sua cultura, Makoto Shinkai cerca un spiegazione soprannaturale ai terremoti, generati dall’impatto al suolo del gigantesco “Verme”, sfuggito ai portali dell’Altrove. Il sisma non è solo un catastrofe, è anche un’altra faccia della natura, quella più crudele e involontariamente spietata, che trova tuttavia il suo posto nell’equilibrio dell’universo. 

Una visione quasi leopardiana che ci riporta a quella del Maestro Miyazaki, in cui convivono in egual misura la vita ridente e la morte crudele.  I nostri eroi, tuttavia, non accettano passivamente il loro destino, la forza della volontà umana può piegare perfino la divinità più potente. Con il suo capolavoro il registra tenta di esorcizzare la paura dei maremoti, uno spettro con cui il Giappone continua tuttora a convivere. La storia della giovane Suzume è quella di tanti altri, con il compito di raccogliere e ricomporre i cocci della loro vita, frantumata dalla catastrofe.

 

Suzume
Suzume e Souta

 

L’idea occidentale della divinità, piegata al bene o al male, è ben differente nella visione di Shinkai, esempio lampante ne è il gatto Daijin, divinità all’inizio apparentemente maligna, ma che poi si dimostra solo figlia delle sue inclinazione naturali.

La storia d’amore, rispetto alle opere precedenti, ricopre un ruolo meno ingombrante. Centro della storia non è la relazione tra i due ragazzi, ma l’anima stessa di Suzume. I sentimenti  della nostra giovane protagonista per Souta sono sì il motore che muove l’avventura finale, ma il suo impeto giovanile – che la porta quasi a immolarsi per amore – è stemperato dal suo coprotagonista maschile. Sul finale Souta la saluta con un tenero abbraccio, e ci fa intuire che si rincontreranno più avanti, certamente più maturi e cambiati.

Il giudizio finale sull’opera è dunque estremamente positivo, Suzume è un piccolo gioiello, che prenderà il suo posto tra le grandi opere d’animazione.