Roverandom, la storia di un cane alato: da Ariosto a Ende, passando per Collodi

Oggi vi racconterò Le avventure di un cane alato, Roverandom, e vi spiegherò quanto sia vicino alla letteratura italiana, per tematiche affrontate e personaggi presenti. Prima di addentrarci nel vivo dell’argomento, seguiremo da vicino le sue mille peripezie, per cui saranno necessari alcuni spoiler per capire a pieno in che modo il racconto, dedicato alla memoria di Michael Hilary Reuel Tolkien, si colleghi ad altre famose opere italiane e internazionali, compreso Il Signore degli Anelli stesso.

 

L’opera

Molte delle informazioni circa il racconto sono reperibili nell’edizione Bompiani del 2020, curata da Christina Scull e Wayne G. Hammond (che si sono confrontati puntualmente con Christopher Tolkien per la stesura della nota introduttiva) e tradotta da Francesca Bandel Dragone. Il volume presenta anche le bellissime illustrazioni originali dell’autore che confermano, ancora una volta, la grandissima fantasia di Tolkien, nonché una certa attitudine per il disegno.

 

La genesi

Nell’estate del 1925, J. R. R. Tolkien e la sua famiglia passarono le vacanze a Filey, noto centro turistico dello Yorkshire, per festeggiare la nomina alla cattedra Rawlinson e Bosworth di anglosassone a Oxford. Sarebbero seguiti mesi impegnativi, dunque i Tolkien decisero di concedersi un preventivo riposo.

Il cottage dove dimoravano si trovava abbarbicato su un “costone di roccia che dominava la spiaggia e il mare” e i piccoli di casa erano molto felici di vedere “sorgere dalle acque del mare la luna piena che tracciava un sentiero sulle onde con la sua scia d’argento”.

In quel periodo, Michael aveva quasi cinque anni ed era molto legato a un cane di stagno a macchie bianche e nere che, sfortunatamente durante una passeggiata con suo padre e suo fratello John, andò perduto. Immaginate la reazione di un bambino che perde il suo giocattolo preferito; papà Tolkien dovette inventarsi qualcosa per tranquillizzarlo e distrarlo, in questo caso una storia fantastica che mettesse al sicuro il cagnolino agli occhi dell’infante. Così nasce Roverandom – Le avventure di un cane alato.

 

La storia editoriale

Dai numerosi carteggi dell’autore, scopriamo da quell’anno al 1936, Tolkien tornò più volte sulla storia per apportare modifiche, “spezzare i dialoghi andando a capo ogni volta che un personaggio diverso prendeva la parola“, scrivere a macchina i numeri delle pagine piuttosto che a mano e renderla presentabile all’editore George Allen & Unwin. A quell’epoca, Lo Hobbit aveva mietuto un discreto successo e gli erano state richieste altre storie per bambini: il Professore presenterà Mr. Bliss, Il cacciatore di draghi e il succitato Roverandom.

Il 7 Gennaio del 1937, nonostante Rayner Unwin giudicasse la storia molto ben scritta ed estremamente divertente non la pubblicò, probabilmente per la fretta di avere un sequel de Lo Hobbit che, nel frattempo, era diventato un successo clamoroso. L’attenzione di Tolkien, dunque, si spostò sul “nuovo” Hobbit, Il Signore degli Anelli.

Per vedere Roverandom pubblicato, bisognerà attendere il 1998, con la Harper Collins e la nostrana Rizzoli. Sessant’anni e più di attesa che ci hanno ripagato a pieno.

 

La trama

Il piccolo Rover, un cane a macchie bianche e nere, un giorno giocava in giardino con una palla gialla e non si accorse di un vecchio stregone che gli si avvicinò di soppiatto; questi voleva trasformare la palla con cui il cane giocava per mutarla in un osso o un’arancia da donargli. Rover azzannò il vecchio cencioso, strappandogli parte dei calzoni e della gamba e, per ripicca, lo stregone lo trasformò in una statuina, immobile, in posizione da elemosinante. Il cane finì con l’essere trovato in giardino da un passante, che lo mise in una scatola piena di giocattoli e lo espose in vendita a sei soldi in un negozio di giocattoli.

Dal momento che il sortilegio dello stregone si annullava al tramonto, Rover si ripromise di scappare alla prima occasione dalla casa di proprietà della famiglia che lo acquistò. Infatti, quando il suo nuovo padroncino andò a dormire e lasciò il cane giocattolo su una sedia accanto a letto, tentò di fuggire dalla finestra aperta ma, piccolo com’era, tutto risultava difficile, perfino salire semplici scalini. Per quella sera, dovette rinunciare a scappare.

Il suo padroncino si chiamava Two e aveva due fratelli che, la mattina seguente, scesero in spiaggia prima di colazione. Two portò Rover con sé infilato nella tasca dei pantaloni: il giocattolo si dimenava a destra e manca perché voleva rimanere in camera e meditare la fuga per la notte successiva. Non voleva altro che tornare a casa sua, nel suo bel giardino.

Per fortuna o sfortuna, in spiaggia sopraggiunse un gabbiano che, spaventando i bambini, li fece correre via e Rover fu sbalzato fuori dalla tasca finendo sulla sabbia. In quel lembo di terra abitava un mago di prim’ordine molto saggio di nome Psamathos Psamathides, che trascorreva le ore del giorno sotto la sabbia calda per manifestarsi notte.

 

Roverandom, Tolkien, Ludovico Ariosto, Carlo Collodi, Michael Ende, Falkor, La storia infinita, Orlando Furioso, Pinocchio, Letteratura, Romanzo, Petersen, cane alato, burattino

 

 

Abbandonato lì nella sua triste posa da questuante e con la marea che si alzava, Rover si accorse di poter correre e abbaiare perché era tornato in forma animale, anche se molto più piccolo. Iniziò a fare baccano, disturbando il sonno del mago che tirò la testa fuori dalla sabbia e lo sgridò.

Svegliato dal latrato del piccolo cane, Psamathos ascoltò con attenzione le disavventure narrate, ma sapeva già tutto e, inoltre, conosceva anche Artaserse, lo stregone che aveva trasformato Rover in giocattolo. Il mago non poteva spezzare l’incantesimo, ma volle aiutarlo a tornare a casa, dopo averlo nutrito con pane, ossi e acqua. Psamathos gli disse che il gabbiano Mew lo avrebbe ricondotto a casa sua, seguendo la scia della luna e sorvolando l’Isola dei Cani Smarriti, da cui saliva un concerto di latrati e guaiti.

Il viaggio del gabbiano prevedeva una sosta sulla Luna, dove Rover conobbe l’Uomo-sulla-Luna e il suo cane… di nome Rover, un girovago nato migliaia di anni prima che, una volta, rincorrendo una farfalla, precipitò oltre il limitare del mondo e fu salvato dal dono di due piccole ali. Da qui, il nome Roverandom.

Sulla Luna, il cane conobbe molte creature fantastiche come le falene drago, le mosche spada, i vetro coleotteri, gli unicorni albini, diverse specie di ragni onnivori e pipistrelli ombra e scoprì strani fiori come le campanelline, le lobelie, le fucsie, le noctiluche, le canne palustri, le erbe piumate e le felci.

Spesso i due cani girovagavano alla ricerca di avventure e, quando si avvicinarono al limite del lato buio della Luna, furono soddisfatti e impauriti nel trovare tutte le cose dimenticate: in questo luogo i ricordi diventavano confusi, le montagne si facevano grigie come la cenere e le valli tenebrose.

In una caverna nei pareggi, dimorava il Grande Dragone Bianco che, ai tempi di Merlino, aveva combattuto contro il Dragone Rosso a Caerdragon; all’epoca dei tre reami era in cima al monte Snowdown e, dopo la caduta di Artù, andò poi a vivere a Gwynfa e, infine, sulla Luna.

 

Roverandom, Tolkien, Ludovico Ariosto, Carlo Collodi, Michael Ende, Falkor, La storia infinita, Orlando Furioso, Pinocchio, Letteratura, Romanzo, Petersen, cane alato, burattino

 

Sfortunatamente, la bestia si accorse dei due cani, spiegò le ali e minacciò di inseguirli per mangiarli. Sopraggiunse, allora, l’Uomo-sulla-Luna che lanciò un incantesimo verso il punto più debole del Drago, lo stomaco; il mostro alato andò a sbattere contro la montagna e i due cani si misero, veloci, al riparo.

Avendo mostrato coraggio, il mago decise che Roverandom fosse pronto per visitare l’altro lato della Luna, una terra buia illuminata da un cielo chiaro, abitata da gufi, corvi e ragni e farfalle notturne. Lì si trovava un parco dove bambini ballavano, camminavano e giocavano come in trance. Tra questi,il nostro piccolo cane alato, scovò il suo padroncino Two che gli chiese dove fosse finito. Roverandom sentì un po’ di nostalgia e, per tirarlo un po’ su di morale, il mago gli permise di sbirciare sulla Terra attraverso un telescopio: il cane vide tutte le persone che avevano fatto parte della sua vita, compreso il mago che l’aveva trasformato in giocattolo e che era lì ad aspettarlo.

Da quel giorno nulla fu più come prima. Roverandom cominciò ad ammalarsi di malinconia, e chiese al mago della Luna di poter tornare a casa. Questo era possibile dal momento che Artaserse aveva sposato una sirena ed era andato a vivere nel profondo mare blu, ma Rover sarebbe dovuto tornare dalla sua vecchia padrona e non da Two perché apparteneva a chi lo aveva comprato precedentemente.

Comunque sia, tornare allo stadio originario era complicato perché il vecchio stregone aveva usato tutta la sua magia per rendere irreversibile il sortilegio sul povero cane. Non c’era altra soluzione che chiedergli scusa nel profondo mare e muoverlo a compassione. 

Traghettato da un’enorme balena di nome Uin, la più anziana delle Balene Giuste, Roverandom venne condotto davanti al cancello di un grande palazzo di pietre bianche e rosa, circondato da alberi marini i cui tronchi ondeggiavano trasportati dalla corrente e allietato dal canto delle sirene. Ad accoglierlo fu Artaserse in persona, eletto a mago del Pacifico e dell’Atlantico, che invitò Rover ad attendere prima di riceverlo. Il cane iniziò a girovagare e conobbe la moglie del mago e il suo bianco cane di nome… Rover!

Questo era appartenuto a un uomo che aveva solcato tutti i mari del nord con la nave Serpente Rosso. Una volta Rover salpò con il suo padrone e partecipò alla battaglia contro i pirati del Cigno Nero che uccisero tutti i membri dell’equipaggio della Serpente Rosso, compreso il suo padrone. Allora il cane chiese alle sirene di riportarne il corpo a terra perché altrimenti molti avrebbero pianto la sua scomparsa, mentre lui fu regalato da una delle donne marine più anziane al Re del mare, nonno dell’attuale sovrano.

Passarono i giorni al palazzo e il nostro Roverandom si abituò alla vita marina con le sue grandi caverne bianche dove erano nascosti tutti i gioielli perduti del mare, la dimora delle fate e degli gnomi marini o le acque inesplorate, i mari fantastici, la baia del paese delle fate, le isole magiche e le case degli elfi assieme alla balena Uin.

 

 

Roverandom, Tolkien, Ludovico Ariosto, Carlo Collodi, Michael Ende, Falkor, La storia infinita, Orlando Furioso, Pinocchio, Letteratura, Romanzo, Petersen, cane alato, burattino

 

 

Ma i cani hanno un’ottima memoria e in fondo Roverandom ricordava bene perché si trovasse in mare. Un giorno Artaserse dovette occuparsi di riparare i danni provocati da un vortice d’acqua dove dimorava il Grande Serpente Marino. Il piccolo cane non sapeva cosa si celasse nella caverna, voleva solo infastidire il mago che ancora si rifiutava di farlo tornare alle sue dimensioni originali, quindi morse a destra e a manca tutti i pesci intorno e, con un effetto domino, alcuni squali morsero la coda del Serpente Marino.

L’antica creatura provocò un mulinello così potente da scaraventare tutto all’aria, distruggendo parte dell’ecosistema e, dopo che Artaserse, Rover e Roverandom ebbero salva la vita, il mago dovette chiudersi nel suo laboratorio per quindici giorni, per mettere a punto un incantesimo che avrebbe provocato una terribile emicrania al Serpente e lo avrebbe messo a dormire nella sua caverna.

Il cucciolo chiese ancora al mago di tornare alla sua grandezza originale così Artaserse acconsentì e, dopo aver preso commiato dal Re del Mare e aver bruciato tutto quello che c’era nel suo laboratorio, decise che fosse giunto il tempo di tornare sulla terraferma. 

Approdati sulla spiaggia di Psamathos, ci fu un momento di panico perché il mago aveva bruciato tutte le sue pozioni, gli strumenti di magia e i libri di incantesimi, e quindi non avrebbe mai potuto annullare il sortilegio che pendeva sulla testa di Rover. A meno che, per un capriccio della previdenza, sua moglie non avesse messo la bacchetta stilografica magica dello stregone in una grossa borsa nera.

E fu così che Rover tornò come prima e, dopo giorni e giorni di cammino, si trovò davanti al cancello di un giardino oltre cui il piccolo Two giocava con la sua palla gialla. Felicissimo di aver ritrovato il suo cane, il bambino raccontò tutto alla nonna, che era stata in realtà la prima padrona del cucciolo e fu davvero sorpresa di scoprire le avventure di Roverandom, piccolo cane alato.

 

La fortuna di Roverandom

Oltre che essere un esercizio tecnico e tematico che vedrà la sua manifestazione ne Il Signore degli Anelli (come si vedrà nell’ultimo capitolo dell’articolo), la storia del piccolo Rover offre molti spunti intimi e familiari della vita dei Tolkien. In un certo senso, potremmo considerare il racconto autobiografico, perché il cottage e la spiaggia di Filey compaiono in ben tre capitoli, il motore della vicenda attinge direttamente dal vero e i bambini e i genitori che si muovono tra le pagine sono, evidentemente, i membri della famiglia del Prof.

A tutto ciò, sono stati aggiunti elementi ricorrenti nelle storie tolkieniane, direttamente derivanti da miti e fiabe, dalla mitologia nordica e dalla letteratura per l’infanzia, tradizionale e moderna. Ma non è tutto: allargando il campo letterario e spingendoci verso sud, possiamo notare quanto alcuni particolari elementi si colleghino ad altre opere. Vediamo assieme quali.

 

Roverandom e i riferimenti metaletterari

Ora che avete un’idea precisa di quello di cui stiamo parlando, entriamo nel dettaglio della metaletteratura e scopriamo quali grandi romanzi e poemi condividono con l’opera di Tolkien personaggi, ambientazioni e tematiche.

 

Carlo Collodi

Il primo parallelismo che ci viene in mente riguarda il Pinocchio di Carlo Collodi, pubblicato per la prima volta a puntate sul Giornale per i bambini dal 7 Luglio 1881 al 25 Gennaio 1883 col titolo Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino.

I primi 15 capitoli uscirono con cadenza settimanale, mentre i successivi con cadenza quindicinale, ma dal momento che la storia di Pinocchio piacque subito moltissimo ai bambini e il successo fu enorme, l’editore Paggi di Firenze, nel Febbraio 1883, decise di raccogliere tutte le puntate in un unico volume, che uscì con il titolo definitivo Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino.

Tutti conosciamo la sua storia: Pinocchio è un burattino di legno che, dopo una serie di peripezie e disavventure, riesce a diventare un bambino vero grazie al suo coraggio, alla sua lealtà e al suo amore per il padre. Ma è decisamente molto più di questo, perché è un personaggio complesso, che incarna sia i difetti che le virtù dell’essere umano. È ingenuo, impulsivo, disobbediente, ma anche generoso, coraggioso e capace di amare. Nel corso della storia, Pinocchio dovrà affrontare numerose sfide e pericoli per crescere e maturare.

Questi sono i motivi per cui Collodi decise di raccontare la storia del piccolo burattino, perché aveva l’intento di educare i bambini, insegnando loro l’importanza di valori come l’onestà, la lealtà, il rispetto per gli altri e l’amore per la famiglia, in un’epoca corrotta e particolarmente ingiusta, dominata dall’ipocrisia, l’egoismo e dalla mancanza di valori morali.

Fondamentale è il tema del viaggio come percorso di crescita, sia per Roverandom che per Pinocchio, che si trovano a confrontarsi con le proprie debolezze e a superare delle prove; tale percorso rappresenta una crescita interiore e un passaggio verso una maggiore consapevolezza di sé.

 

Roverandom, Tolkien, Ludovico Ariosto, Carlo Collodi, Michael Ende, Falkor, La storia infinita, Orlando Furioso, Pinocchio, Letteratura, Romanzo, Petersen, cane alato, burattino

 

 

Ulteriore punto di contatto tra le opere sta nel concetto mimetico di trasformazione: Rover e Pinocchio vengono trasformati in qualcosa di diverso da quella che è la loro natura. Se per Rover la trasformazione è negativa, per Pinocchio rappresenta la tappa ultima della via che deve percorrere per assurgere a un ruolo maturo e adulto. In entrambi i casi, comunque, la metamorfosi è il punto di partenza per il loro percorso di crescita e cambiamento.

Inevitabilmente legata a tale evoluzione, c’è la ricerca dell’identità: Roverandom deve tornare in forma canina, Pinocchio desidera diventare un bambino vero: i due personaggi non si riconoscono nelle forme che sono (o sono diventati) e combattono strenuamente per ritrovare ciò che maggiormente li identifica. A far da supporto, i loro amici e compagni di avventura, essendo l’amicizia e la lealtà valori fondamentali per superare le difficoltà.

Le due storie non divergono nemmeno dal punto di vista strutturale, perché sono entrambe fiabe tradizionali che seguono un modello molto lineare, con personaggi fantastici, prove da superare e un lieto fine, traducendo su carta l’allegoria della vita umana, con le sue difficoltà, la crescita e il cambiamento.

Unico e importante elemento di distanza, sta nell’utenza destinataria: se Roverandom ha un tono leggero e avventuroso pensato principalmente per i bambini, Pinocchio è più complesso e ricco di significati simbolici mostrati anche attraverso la sofferenza e la morte, destinato, forse, più agli adulti che ai piccoli.

 

Ludovico Ariosto

In ambito letterario italiano, leggendo Roverandom – Le avventure di un cane alato, non possiamo non pensare al poema cavalleresco di Ludovico Ariosto, L’Orlando Furioso. Nato dalle ceneri dell’Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo, vide la luce nella Ferrara Estense del 1516 e, ad oggi, si confronta perfettamente coi poemi fantasy.

La storia si svolge nel contesto della guerra tra l’imperatore Carlo Magno e il re saraceno Agramante. Il protagonista è Orlando, il più valoroso dei paladini di Carlo Magno, che impazzisce per amore di Angelica, una principessa pagana. La follia di Orlando lo porta a vagare per il mondo, compiendo imprese eroiche e affrontando pericoli di ogni tipo.

Accanto alla storia di Orlando si intrecciano le vicende di altri personaggi, come Rinaldo, suo cugino, anch’egli innamorato di Angelica, e Bradamante, una guerriera cristiana che ama il cavaliere Ruggero. La guerra tra cristiani e saraceni fa da sfondo a queste storie d’amore e di avventura, creando un intreccio narrativo ricco ed estremamente complesso, che si muove in luoghi aperti e chiusi con un’azione centrifuga.

Ariosto scrisse l’opera per celebrare le gesta dei cavalieri e degli eroi del passato, ma anche per offrire un ritratto ironico e disincantato della realtà contemporanea. L’Orlando furioso, infatti, riflette a pieno la cultura Rinascimentale, con i suoi ideali di bellezza, di amore e di valore, ma anche con le sue contraddizioni e i suoi limiti: primi fra tutti il ruolo del poeta cortigiano, costretto a deferirsi e svendere la propria arte per omaggiare il Signore e mecenate per cui presta servizio.

Al di là dei motivi sottesi alla creazione letteraria, il poeta ha dipinto mondi di fantasia impensabili (e parecchio all’avanguardia) per l’epoca, come la Luna, meta del viaggio di Astolfo a cavallo di un mitico ippogrifo, o il palazzo del gigante Atlante.

 

Roverandom, Tolkien, Ludovico Ariosto, Carlo Collodi, Michael Ende, Falkor, La storia infinita, Orlando Furioso, Pinocchio, Letteratura, Romanzo, Petersen, cane alato, burattino

 

Proprio qui, nelle ambientazioni e scenografie, si aprono i legami con il racconto di Tolkien preso in esame. Entrambe le opere, infatti, sono incentrate su un lungo viaggio pieno di peripezie e incontri fantastici: sia Roverandom che Orlando intraprendono un percorso avventuroso che li porta a confrontarsi con creature e situazioni straordinarie.

Inoltre, entrambi gli autori fanno ampio uso di elementi magici e soprannaturali come incantesimi, trasformazioni e oggetti magici, che contribuiscono a creare un’atmosfera di meraviglia e incanto descritta nel dettaglio con umorismo e ironia. Non dimentichiamo infatti che tra gli autori italiani Ariosto è uno dei più leggeri e, per quanto possibile, “divertenti”, pur cimentandosi in un genere profondo e altisonante come il romanzo cavalleresco.

Le analogie non si fermano alla superficie, dal momento che anche tematicamente si potrebbero confrontare i tipi di ricerca affrontata dai protagonisti delle due opere: Roverandom cerca lo stregone per riacquistare la sua forma originale, mentre Orlando è alla ricerca di Angelica e del suo senno perduto. In un modo o nell’altro, la ricerca di qualcosa guida e stimola i personaggi lungo il loro percorso e li chiama a prendere decisioni importanti che influenzano il loro destino.

 

Michael Ende

Ogni persona nata negli anni Ottanta che abbia letto Roverandom – Le avventure di un cane alato non ha potuto non pensare al cane bianco alato più famoso della letteratura tedesca e, soprattutto della cinematografia di un tempo: Falkor, uno dei personaggi cardine de La storia infinita di Michael Ende.

Die unendliche Geschichte (titolo originale del romanzo del 1979) racconta la storia di Bastiano Baldassarre Bucci, un bambino timido e solitario che un giorno trova uno strano libro in una bottega di un libraio. Preso dalla curiosità, Bastiano ruba il libro e lo porta con sé a scuola, dove si rifugia in soffitta per leggerlo.

La storia narrata nel libro si intitola, per l’appunto, La storia infinita e racconta di un mondo fantastico chiamato Fantàsia che è in pericolo di scomparire a causa del Nulla, una forza oscura che sta inghiottendo tutto ciò che esiste. Per salvare Fantàsia, l’Imperatrice infantile ha bisogno di un eroe che compia grandi gesta. Questo eroe è Atreiu, un giovane guerriero che intraprende un lungo viaggio attraverso Fantàsia per cercare una soluzione al problema del Nulla.

A un certo punto della storia, Bastiano si rende conto di non essere solo un semplice lettore, ma di poter interagire con i personaggi del libro e di poterli aiutare nella loro ardua missione. Come detto poc’anzi, dal libro è stato tratto un film di culto nel 1984, diretto da Wolfgang Petersen, che ci ha avvicinati a molto più che un’opera fantasy e per bambini. La storia infinita, nata dalla penna di Ende per spiegare l’importanza di credere nei propri sogni e di non arrendersi di fronte alle difficoltà, rappresenta anche una pesante critica alla società moderna, che spesso tende a soffocare l’immaginazione e la creatività.

 

Roverandom, Tolkien, Ludovico Ariosto, Carlo Collodi, Michael Ende, Falkor, La storia infinita, Orlando Furioso, Pinocchio, Letteratura, Romanzo, Petersen, cane alato, burattino

 

Come si evince dalla trama, Bastiano deve immergersi nel mondo nuovo per salvare sia Fantàsia che se stesso, intraprendendo un viaggio, proprio come Roverandom. Torna, ancora, prepotente il tema più usato e abusato (in senso del tutto positivo) della letteratura fantasy e di avventura, il confine è spesso labile e quasi inesistente.

A surrogare tale avventura stavolta è il potere dell’immaginazione: il mondo di Fantàsia ne La Storia Infinita è strettamente legato alla capacità di sognare e di credere, mentre in Roverandom il viaggio stesso è un atto di immaginazione, una sorta di sogno che permette al protagonista di superare le difficoltà. E trovare… la propria identità, ennesima tematica comune a tutte le opere di cui abbiamo parlato finora: Roverandom deve capire chi è veramente al di là della sua forma di giocattolo, mentre Bastiano deve trovare il coraggio di credere in se stesso e nelle proprie capacità.

Per questi motivi, e considerando anche il ruolo che hanno l’amore, l’amicizia, la lealtà e il sacrificio estremo (vedi la drammatica scena del cavallo Artax nelle sabbie mobili), tanto La storia infinita quanto Roverandom diventano piccoli e grandi romanzi di formazione per tutti, in cui i protagonisti devono superare peripezie di ogni tipo per ristabilire l’ordine di partenza.

 

Ritornare, volando, a se stessi: Tolkien

Chiudiamo la panoramica su Roverandom con richiami interni allo stesso Tolkien. Sappiamo bene che tutto ciò che l’autore ha scritto nella sua vita abbia assunto la forma definitiva ne Il Signore degli Anelli. Come dico spesso, non avremmo avuto il capolavoro della letteratura mondiale senza le lettere, i racconti, le fiabe e le sue poesie.

L’elemento che in Roverandom cattura subito la nostra attenzione è il vecchio stregone cencioso di nome Artaserse, tanto simile al caro Gandalf non solo nell’estetica, ma anche nel modo di fare affabile e ironico.

Quanto alle ambientazioni descritte minuziosamente, credo si possa trovare un angolo di Ithilien nel passo che recita:  

“I boschi erano pieni di campanule d’argento che tintinnavano tutte insieme dolcemente quando le vide per la prima volta. Gli snelli tronchi degli alberi neri svettavano dritti, alti come campanili, staccandosi dal tappeto argenteo ed erano ricoperti da un manto di foglie azzurre che non cadevano mai […] gli alberi esplodono tutti insieme in una fioritura di gemme d’oro pallido”

molto simile al passo tratto dal capitolo quarto del libro quarto “Erbe aromatiche e stufato di coniglio” de Il Signore degli Anelli, dove si legge:

“Qui la Primavera si dava già molto da fare: […] piccoli fiorellini sbocciavano già nell’erbetta e gli uccelli cantavano. L’Ithilien, il giardino di Gondor ormai abbandonato, conservava ancora la scomposta bellezza di una driade”

E come tralasciare il grande Dragone Bianco dal ventre morbido come quello di Smaug, il drago di Erebor. Roverandom – Le avventure di un cane alato presenta, forse più di altri scritti di Tolkien, tantissimi riferimenti rintracciabili nelle opere che oggi sono (anche) due grandi trilogie cinematografiche.

Leggere e studiare le opere del Prof. si conferma un importante stimolo per la mente.

Live Tematiche