Il cinema di Tarantino non è solo splatter, inquadrature vintage e citazionismo. Chiunque abbia visto uno dei suoi film con un minimo di attenzione ai dettagli, provando a decriptare il senso di un cinema apparentemente frivolo, sa che alcuni dei suoi personaggi sono simbolici di importanti battaglie sociali e politiche. Tra i temi più affrontati in assoluto: l’emancipazione femminile e delle minoranze etniche (se si può chiamare minoranza la comunità afroamericana negli Stati Uniti).
Non si può certo dire che i personaggi dei film di Tarantino siano attratti dal fascino della borghesia, ma il loro essere non ordinari rende i loro gesti ancora più affascinanti. A tal proposito chi vi scrive ha deciso di raccogliere, in uno strano archivio, i più importanti insegnamenti che possiamo cogliere guardando le opere cinematografiche di questo regista sopra le righe.
Dal 1992 ad oggi, nei suoi 9 film da regista, abbiamo ricevuto una grossa quantità di messaggi più o meno subliminali da Quentin, ed è arrivato il momento di scoprire quali sono.
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ToggleLe Iene (1992) – La potenza della fiducia e dell’amicizia
La trama di questo noir sui generis, intriso di cultura pop e influenzato da decine di generi cinematografici diversi, è semplice ma efficace: una banda di rapinatori, ingaggiati da un boss della mala, vengono traditi durante una rapina in banca, e tra morti, feriti e superstiti illesi dovranno scoprire chi è stato ad avvertire la polizia.
Come per qualsiasi film di Q.T., la violenza e il cinismo dei personaggi sono solo un modo per estremizzare e rendere più visibile un concetto, un aspetto dell’animo umano, un valore. In questo caso, il profondo rapporto di amicizia che si crea tra due persone come Mr. White (Harvey Keitel) e Mr. Orange (Tim Roth) si cementa nella consapevolezza che uno dei due sta rischiando di morire; la sua sofferenza lo rende come un bambino indifeso, tra le braccia di un padre che gli dona tutto se stesso. Su questo scambio di fiducia e questa forte amicizia, si fonda tutto l’uragano di avvenimenti che porterà ad un epilogo grottesco e inaspettato.
Pulp Fiction (1994) – L’amore non è istinto
Descrivere la trama del secondo film di Tarantino è più complicato, ma probabilmente anche fin troppo didascalico, dal momento che Pulp Fiction è il suo film più celebre, e chiunque abbia voluto farsi una cultura cinematografica tra il 1990 e il 2010 lo ha visto. La narrazione è divisa in episodi, nei quali si intrecciano le storie di molti personaggi diventati iconici nel corso del tempo. Una cosa che potrebbe saltare all’occhio di uno spettatore attento è che questo film, se fosse stato girato oggi, sarebbe stato una perfetta serie Netflix per la sua struttura… ma questa è un’altra storia.
Uno degli insegnamenti più interessanti che i ragazzi degli anni ’90 hanno potuto cogliere è tratto dall’episodio che vede protagonisti Mia Wallace (Uma Thurman) e Vincent Vega (John Travolta). In seguito alla scena della gara di ballo, famosa persino tra chi guarda solo cinepanettoni, Vincent nota una strana e istintiva pulsione amorosa nei confronti di Mia. Quello che accade dopo è il più violento e inaspettato schiaffo in faccia che la realtà possa dare ad un uomo.
Jackie Brown (1997) – Nella vita è essenziale scappare ogni tanto
Jackie Brown è uno dei film più sottovalutati degli anni ’90. Raramente si ha il piacere di poterne parlare con qualcuno che lo abbia visto nel mondo reale, ed è per questo che diventa quasi un dovere morale (a proposito di insegnamenti) parlarne in questo articolo. Per dare la possibilità, a chi volesse, di recuperare un piccolo gioiellino cinematografico.
L’intera storia di questo film ispirato alla blackspoitation, è una metafora sulle scelte di vita importanti che prima o poi chiunque è obbligato a fare. Nel caso di Jackie (Pam Grier) – che si ritrova coinvolta in un losco traffico a causa del suo lavoro di hostess sugli aerei di una compagnia lowcost – la scelta è tra l’assecondare i “buoni” o i “cattivi”, la polizia o un piccolo trafficante di armi e droga. La scelta che la protagonista farà è tanto inaspettata quanto saggia e spericolata, ma le darà finalmente la meritata felicità.
Kill Bill (2003/2004) – Accettare il peso delle proprie responsabilità
Nella vita si commettono gravi errori. A volte si subiscono grandi ingiustizie, e in altri casi si provocano agli altri grandi torti. Questo, molto in breve, il succo del discorso del quarto film di Tarantino (diviso in due parti solo per ragioni commerciali), Kill Bill. Le vicende che vedono “La Sposa” (Uma Thurman) cercare la propria vendetta nei confronti dei suoi carnefici durante tutto il film, sono un serissimo monito verso lo spettatore: a ogni azione corrisponde una reazione, ed è doveroso assumersi la responsabilità di ciò che si è commesso, sempre.
Durante il film Beatrix Kiddo (altro nome della protagonista) ha a che fare con personaggi spregevoli, che non accettano il peso dei loro obblighi morali, ma anche parecchi personaggi coscienti delle loro colpe e pronti a fare ammenda.
Grindhouse: A prova di morte (2007) – Le apparenze a volte ingannano… altre volte no
Lo stuntman Mike (Kurt Russell) è un pazzo maniaco da B-movie horror degli anni ’80. In sostanza è uno stereotipo, come se ne trovavano in ogni sceneggiatura dei film di genere (nell’epoca d’oro di questo tipo di contenuti), che Tarantino ama e cita di continuo.
Questo film fa parte di un progetto cinematografico a episodi realizzato insieme al regista Robert Rodriguez, amico di Tarantino e storico collaboratore, ma ha principalmente il merito di aver dato i natali a un personsaggio di culto come Machete; il sicario messicano era il protagonista di un finto trailer che faceva da separatore tra l’episodio “A prova di morte” (regia di Q.T.) e “Planet Terror” (regia di Robert Rodriguez). Al progetto parteciparono, con dei finti trailer a loro volta, anche i registi Eli Roth e Rob Zombie.
Bastardi Senza Gloria (2009) – L’esigenza di indossare una maschera
Il sesto film del regista americano è ambientato nella Francia occupata dai nazisti, e racconta la storia di vari personaggi coinvolti in un evento che decreterà la fine della Seconda Guerra Mondiale. Vittime e carnefici intrecciano le loro vite, si avvicinano fino al punto di non ritorno e, poco prima di concludere il loro ruolo in quella tragedia chiamata guerra, tolgono la maschera davanti al proprio antagonista.
Ogni personaggio di questa pellicola si trova costretto, o sceglie per proprio gusto personale, di indossare una maschera, nel primo caso per salvarsi la vita, nel secondo per rovinarla agli altri.
Django Unchained (2012) – I pregiudizi a volte ci uccidono
Il film di Q.T. che ha incassato più di tutti fino a questo momento è il suo primo western: Django Unchained. Il motivo di tanto successo è dovuto sicuramente al ritrovato entusiasmo per questo genere negli anni ’10, ma anche per il grande desiderio dei fan di vedere il proprio idolo approcciarsi al suo stesso genere preferito.
Il messaggio in questo caso è molto chiaro, e la critica al razzismo moderno è palese. I pregiudizi degli oppressori bianchi nei confronti degli schiavi neri si scontrano con l’eroe di turno: Django (Jamie Fox) è reso un uomo libero dal Dr. Schultz (Christoph Waltz), che gli dà un nuovo motivo per lottare e cercare la sua amata Broomhilda (Kerry Washington), segregata da un implacabile Calvin Candie (Leonardo DiCaprio). Come in un poema cavalleresco l’eroe combatterà contro i nemici per riconquistare la sua bella, ma il razzismo è un mostro difficile da sconfiggere per un solo uomo.
The Hateful Eight (2015) – L’importanza della giustizia
L’ottavo film di Tarantino è un western nella neve, in cui un cacciatore di taglie, “Il Boia”(Kurt Russell), deve portare una prigioniera (Jennifer Jason Leigh) sul patibolo nella città di Red Rock. Per strada incontrano un altro cacciatore di taglie, il Maggiore Warren (Samuel L. Jackson), con tre cadaveri al seguito e una filosofia di vita diversa da quella del Boia. Ciò che accade dopo è una vera e propria cena con delitto, con tanto di investigazioni, colpi di scena, ma anche il buon vecchio e caro splatter, e i dialoghi divertentissimi nello stile tarantiniano.
La differenza tra i due cacciatori di taglie, oltre che nel vestiario, può essere sintetizzata nel diverso modo di interpretare la giustizia. Warren è un ex schiavo che ha vissuto la Guerra di secessione in prima linea, subendo le angherie di chi non tollerava il suo colore della pelle: in modo vendicativo utilizza la battaglia per “uccidere più bianchi possibili”, scagliandosi con violenza sommaria contro le ingiustizie subite da lui e dai suoi fratelli. John Ruth (altro nome del Boia) crede che anche il peggior criminale abbia diritto a un processo perché la società possa davvero dirsi civile.
C’era Una Volta… A Hollywood (2019) – La libertà
Sono passati pochi mesi dall’uscita dell’ultimo film del regista. L’insegnamento che si può trarre da questa pellicola prescinde dalla bellissima sceneggiatura e dalla costruzione dei personaggi, ma è data dall’atteggiamento stesso che Q.T. ha dimostrato di adottare nella realizzazione del lungometraggio. Parliamo di uno dei pochissimi registi contemporanei a potersi permettere, nel mainstream, di fare tutto ciò che desidera, e conseguentemente lo fa. Così come per ognuno dei suoi film precedenti, ha messo la sua passione per il cinema davanti a ogni scelta che potesse rendere i suoi prodotti più invisi a un pubblico di massa. Il risultato è che col tempo il pubblico di massa è arrivato da solo, apprezzando la sua genuina passione per le storie, la sua maniacale ricerca nei dettagli, e la sua grande libertà espressiva.
Non ci resta che aspettare il suo decimo film.