La morte di Superman: storia dell’evento che cambiò il mondo dei fumetti

La morte di Superman, pubblicato dalla DC Comics in Superman #75 come capitolo conclusivo dell’arco narrativo The death of Superman, fu molto più di una semplice trovata narrativa per vendere più albi. Questa storia si tramutò in un evento editoriale senza precedenti, capace di scuotere non solo l’universo dei fumetti, ma l’intera cultura pop.

La caduta del supereroe più iconico del mondo – parte, insieme a Batman e Wonder Woman, della “sacra trinità” dell’universo DC – fu pilastro nel cambiamento profondo nei gusti e nelle aspettative del pubblico globale. Non fu solo Superman a morire, ma l’idea di eroismo invincibile che sembrava non poter mai tramontare.

Ma perché proprio questa storia è diventata una pietra miliare nella storia del fumetto? Per capirlo, dobbiamo fare un passo indietro e guardare al contesto in cui tutto è iniziato.

Il contesto culturale che portò alla morte di Superman

Gli anni ’90 segnarono un decennio di profonda transizione per il mondo. La fine della Guerra Fredda e il rapido progresso tecnologico stavano accorciando le distanze tra i popoli e ridefinendo l’orizzonte culturale globale. Anche l’industria del fumetto avvertì questi cambiamenti.

In un mercato spinto al massimo da edizioni speciali, copertine variant e una crescente speculazione da parte dei collezionisti, i contenuti cominciarono a riflettere un mondo più disilluso e cinico, in cui i giovani lottavano in cerca della propria identità. La società, ormai distante dagli ideali brillanti dell’età dell’oro dei supereroi, cercava storie più complesse e cupe. Titoli come Watchmen di Alan Moore e The Killing Joke aprirono una nuova via, più introspettiva e moralmente ambigua, nella narrazione supereroistica.

In questo scenario, l’immagine di Superman – simbolo per eccellenza di giustizia, speranza e moralità assoluta – iniziò a sembrare fuori tempo. Il suo atteggiamento da eroe impeccabile, incorruttibile, veniva ormai percepito da molti lettori come distante, se non addirittura fastidioso. In opere come Il ritorno del Cavaliere Oscuro di Frank Miller, Superman era diventato addirittura un’antagonista, uno strumento del potere, da opporre a un Batman più umano e ribelle.

All’interno della DC Comics la domanda divenne inevitabile: “come possiamo rendere Superman di nuovo rilevante?”
La risposta, paradossale quanto potente, fu semplice: “uccidendolo.”

Teddy Kristiansen Steven T. Seagle È Superman It's a Bird

Come uccidere Superman?

All’inizio degli anni ’80 seguire le pubblicazioni della DC Comics era diventato complicato. Con alle spalle cinquant’anni di storie canoniche, l’universo narrativo era divenuto un intricato mosaico di centinaia di eroi, versioni alternative e linee temporali divergenti. Per festeggiare il 50° anniversario della testata Detective Comics, si decise che era arrivato il momento di fare ordine.

Fu così che nacque Crisi sulle Terre Infinite (Crisis on Infinite Earths), una maxi-saga epocale che ebbe il compito di riunificare l’intero multiverso. L’obiettivo era chiaro: semplificare la continuity DC e offrire ai lettori un nuovo punto di partenza. Da quel momento, ogni cambiamento nelle origini o nel carattere dei personaggi poteva essere giustificato come conseguenza degli “assestamenti” post-Crisi. Anche la figura di Superman doveva essere ripensata. A occuparsi del rilancio fu chiamato John Byrne, già noto per il suo lavoro rivoluzionario su X-Men e Fantastici Quattro per la Marvel Comics. Il suo approccio umanizzò l’Uomo d’Acciaio, rendendolo meno onnipotente e più vicino al lettore. Tuttavia, nonostante l’ottimo lavoro svolto, Byrne abbandonò presto il progetto.

A raccoglierne l’eredità furono cinque autori:  Dan Jurgens, Roger Stern, Louise Simonson, Jerry Ordway e Karl Kesel, incaricati di scrivere per le quattro testate in cui Superman era protagonista. Il nuovo team creativo voleva riportare freschezza alla serie e pensò a un grande evento che coinvolgesse Lois Lane, finalmente pronta a sposare Clark Kent. Ma la DC aveva in cantiere una serie televisiva con un’idea simile: Lois & Clark – Le nuove avventure di Superman. Per non rovinare l’effetto sorpresa della produzione televisiva, l’editore impose di rimandare il matrimonio nei fumetti. Il gruppo di autori si trovò così a dover riorganizzare le proprie idee.

Se non si poteva dare un lieto fine, allora bisognava puntare su un epilogo tragico. La soluzione prese forma in una proposta lapidaria, quasi scherzosa: “Allora uccidiamolo.” Tuttavia, per uccidere Superman, serviva un avversario che ne fosse all’altezza. Una minaccia che incarnasse l’inevitabile. Una forza inarrestabile.

 

La nascita di Doomsday

L’Uomo d’Acciaio, contrariamente a quanto molti credono, non è mai stato davvero invincibile. È vulnerabile alla magia, debilitato dalla kryptonite e, sul piano emotivo, ha affrontato traumi profondi oltre che le sconfitte più pesanti. Tuttavia, al momento della pubblicazione de La Morte di Superman, era ancora raro vedere un avversario capace di danneggiarlo fisicamente in modo credibile. Serviva qualcosa di mai visto prima.

Il team creativo, guidato da Jurgens, arrivò alla conclusione che serviva una storia semplice ma potente. L’idea non fu quella di costruire un grande complotto o un nemico con una motivazione elaborata: al contrario, volevano contrapporre a Superman una creatura priva di empatia, di passato, di parola. Un mostro puro, violento, misterioso. Proprio l’assenza di origini fu cruciale. Svelare troppo avrebbe sottratto potenza all’impatto dello scontro. Le origini della creatura sarebbero state raccontate solo anni dopo; all’epoca, doveva essere una minaccia senza nome, senza tempo, senza ragione.

Anche il design andava in netta contrapposizione con Superman. Laddove l’Uomo d’Acciaio è avvolto nei colori caldi e iconici del rosso e del blu, il nuovo nemico avrebbe avuto toni freddi e inquietanti. Il suo corpo era coperto da sporgenze ossee, affilate come lame, che gli davano un aspetto animalesco e grottesco, perfettamente in linea con l’estetica brutale ed edgy che caratterizzava molti antieroi degli anni ’90. Oggi, lo si può definire uno scontro tra due epoche, due modi di intendere l’eroismo, due mondi in collisione.

Nacque così Doomsday, ispirato proprio al titolo provvisorio dato al progetto narrativo: The Doomsday of Superman.

La morte di Superman The Death of Superman Comics Fumetti Doomsday

 

La caduta dell’Uomo d’Acciaio

La forza della storia non risiede nella complessità della trama, ma nella sua straordinaria capacità di raccontare i protagonisti attraverso uno sguardo profondamente umano. L’intero arco narrativo si concentra sulla prospettiva dei personaggi principali, mostrando come ognuno di loro osservi – e affronti – il mondo a modo proprio.

La vicenda si apre con Superman che soccorre un bambino già aiutato in passato, che l’eroe riconosce subito. Questa semplice scena serve a ricordarci chi è davvero l’Uomo d’Acciaio: un eroe che non dimentica nessuno, per il quale anche un piccolo gesto ha valore; ogni persona salvata, anche solo per un attimo, entra a far parte del suo vissuto e non lo lascia più. A emergere è anche la sua umiltà. Nonostante sia il membro più potente, amato e visibile della Justice League, Superman sottolinea di non esserne il leader. Afferma fiero in un’intervista che ogni componente del gruppo ha lo stesso valore, ed è proprio questa visione egualitaria a renderlo davvero grande.

Dall’altro lato c’è Doomsday: un mistero vivente, una minaccia che appare dal nulla senza un motivo apparente. Nessuna origine, nessuna motivazione: è solo distruzione incarnata. In ogni scena in cui compare, abbatte tutto ciò che incontra con furia cieca, sterminando vite e riducendo interi paesaggi in macerie, spinto non da un piano, ma da un bisogno istintivo di annientamento. La sua brutalità raggiunge il culmine quando affronta la Justice League, che viene travolta e sconfitta con una facilità disarmante.

Quando Superman si unisce a quella che sarà la sua ultima battaglia, il tono del fumetto cambia. Non si tratta più solo di un combattimento tra eroi e mostri, ma dell’ultima resistenza di un simbolo contro l’inevitabile cambiamento.

 

La battaglia finale: un conto alla rovescia visivo

Uno degli aspetti più affascinanti de La morte di Superman è la sua struttura narrativa e visiva, studiata con attenzione per guidare il lettore verso un epilogo tragico e inevitabile. Anche l’impaginazione del fumetto diventa parte integrante del racconto: gli autori adottano un espediente grafico innovativo che funge da vero e proprio countdown visivo, accompagnando l’ascesa della tensione con una progressiva riduzione del numero di vignette per pagina.

All’inizio dello scontro, le pagine seguono una composizione classica, con quattro vignette che scandiscono un ritmo narrativo familiare per gli standard dell’epoca. Ma man mano che la battaglia si fa più violenta e disperata, il ritmo visivo cambia: le tavole si restringono a tre vignette, poi a due, fino ad arrivare all’atto finale, in Superman #75, dove ogni pagina è occupata da una sola, grande immagine a tutta pagina.

Questa scelta stilistica non è solo originale: è potente. Ogni tavola diventa un colpo visivo, un momento congelato nel tempo, un crescendo di pathos. La battaglia finale non è più solo raccontata, è incisa nella pagina. L’apice dello scontro arriva con una delle immagini più iconiche della storia del fumetto: Superman giace senza vita tra le braccia di Lois Lane, mentre il suo mantello strappato sventola nel silenzio come una bandiera insanguinata, simbolo di un’era giunta al termine.

La morte di Superman The Death of Superman Comics Fumetti

 

Le conseguenze de La morte di Superman

La notizia della morte di Superman ebbe un impatto mediatico senza precedenti; un clamore che, ancora oggi, resta ineguagliato, nonostante viviamo in un’epoca iperconnessa dove le notizie viaggiano alla velocità dei social.

Per i lettori abituali di fumetti, l’idea della morte di un supereroe seguita dal suo ritorno non era una novità. Invece, per il grande pubblico e per i media generalisti fu uno shock. L’evento attirò l’attenzione globale: le vendite dei numeri in cui si narrava la storia raggiunsero cifre vertiginose, e le azioni della DC Comics raddoppiarono il loro valore in borsa. Inoltre, alcune scelte editoriali ben ponderate – come il tono cupo e il silenzio sui futuri sviluppi – portarono molti a credere che questa volta il ritorno di Superman non fosse affatto scontato.

Così si aprì un nuovo capitolo: il mondo della DC Comics senza il suo simbolo più grande. Era il momento di raccontare come l’universo sarebbe andato avanti senza l’Uomo d’Acciaio, affranto dalla perdita di un simbolo unico.

Superman è morto! Lunga vita a Superman!

Dopo la morte di Superman, le testate in cui era protagonista si fermarono per tre mesi. Una pausa drammatica, arrivata subito dopo i funerali dell’eroe, che fece credere a molti che l’era dell’ultimo figlio di Krypton fosse davvero finita. Ancora oggi è difficile dire con certezza se questa scelta fosse parte di una strategia di marketing, il risultato di un reale intento narrativo o semplicemente un’evoluzione imprevista della trama.

Tuttavia, presto arrivò il momento di affrontare una nuova sfida: riportare in vita il più grande eroe dell’universo fumettistico. Un’impresa tutt’altro che semplice: eliminare Superman era stato un colpo di scena sofferto, farlo tornare, senza tradire il peso del suo sacrificio, si rivelò un compito molto più complesso.

Serviva qualcuno che ne raccogliesse l’eredità. Ma gli sceneggiatori coinvolti avevano visioni molto diverse: Dan Jurgens immaginava un Superman oscuro, che potesse vestire i panni dell’antagonista. Roger Stern voleva accentuarne l’alienità, rendendolo meno umano. Karl Kesel proponeva una versione più giovane, sulla scia del successo di Spider-Man. Louise Simonson desiderava creare un nuovo eroe, un paladino del popolo che potesse incarnare il mito di Superman da un’altra prospettiva.

In assenza di un accordo, si scelse una soluzione radicale: introdurre tutti e quattro. Nacque così Il Regno dei Superman (The Reign of the Supermen), un arco narrativo che presentava quattro figure diverse, ognuna convinta di essere – o di poter diventare – il vero erede dell’Uomo d’Acciaio. Cosa che spiazzò anche i fan di vecchia data, ma che li intrigò grazie al mistero delle loro origini.

Fu da questo caos narrativo che, lentamente, prese forma il ritorno di Superman. Un ritorno che non sminuì la sua morte, ma la rese parte integrante del suo mito. Col suo ritorno, non solo dimostrò di aver sconfitto la morte, dimostrò di essere ancora rilevante in un mondo che, forse, pensava di non avere più bisogno di lui.

Ma questa, come si suol dire, è un’altra storia…